L’anestesia nei secoli.

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L’anestesia nei secoli.

Sin dai tempi più remoti l’uomo ha cercato con ogni mezzo qualcosa che potesse alleviare il dolore, anche se si riteneva che questo fosse mandato dagli dei e quindi tentare di combatterlo significava ostacolare la volontà stessa degli dei. Varie sono state le tecniche e le sostanze usate nel corso dei secoli: strangolamento, ischemia, ipnosi e mesmerismo, oppio, mandragora, cicuta, iosciamo, hashish, alcool, ghiaccio. Gli interventi chirurgici si limitavano a quelle situazioni che avrebbero comunque procurato la morte: drenaggio di ascessi ed amputazioni di arti colpiti dalla gangrena. I risultati erano pessimi e la mortalità enorme, non soltanto dovuta ad infezioni, ma anche per la mancanza di adeguata protezione dell’organismo dall’aggressione chirurgica (dolore, stress, emorragia ed altro). Gli Assiri già nel 3000 a.c. praticavano un metodo particolare di “anestesia”, infatti comprimevano le carotidi del malato al livello del collo (strangolamento) causando ischemia cerebrale ed uno stato di coma idoneo per praticare la chirurgia… se il malcapitato sopravviveva. Con il progredire della civilizzazione si iniziarono a scoprire le proprietà dei narcotici vegetali come l’oppio, la mandragora, la cannabis indica. L’oppio era somministrato nell’antico Egitto (3000-1000 a.c.) ai bambini per farli stare calmi durante la notte. Il grande medico dell’antichità Ippocrate (460 a.c.-377 a.c.) descrive la “spongia soporifera”, una spugna impregnata con oppio, mandragora e cicuta che è in grado di dare il sonno ai malati. Nel 50 d.c. Dioscoride, un medico greco, descrivendo gli effetti della mandragora usa per la prima volta la parola anestesia, e leggendo i suoi scritti ci si può accorgere come i termini usati siano praticamente sovrapponibili a quelli che oggi conosciamo. E’ grazie alla spugna soporifera che nel tredicesimo secolo il frate dominicano Teodorico (1205-1298) si distingue per la sua abilità chirurgica presso l’Università di Bologna. Per molti secoli la spugna soporifera e l’oppio, il cui uso aumenta tantissimo grazie al commercio con le indie, sono le uniche sostanze che vengono usate per cercare di alleviare il dolore durante le operazioni, che risultano comunque essere delle vere e proprie torture. Con la scoperta delle Americhe giungono le prime notizie di una foglia che gli indios masticano (coca) e che rende insensibile la lingua, si raccontano delle morti per paralisi di alcuni soldati dopo essere stati colpiti dalle frecce dei nativi. Sir Walter Raleigh nel 1595 descrive per la prima volta la pianta Strychnos Toxifera ed il suo prodotto chiamato curaro. Nel 1540 Valerius Cordus sintetizza l’etere solforico chiamandolo “vetriolo dolce”, e nel 1564 Ambrosio Parè amputa una gamba dopo aver applicato sopra di essa del ghiaccio. Il famoso chimico Philippus Aureolus Theophroustus Bombast von Hohenheim chiamato Paracelso, mescola acido solforico con alcool caldo ottenendo anch’esso etere solforico, scoprendo che questa miscela se inalata produce un sonno profondo. Nonostante questa brillante scoperta, egli non fu capace di analizzarne completamente le potenzialità e le sue conclusioni si perdono negli archivi di Norimberga, ritardando così di circa trecento anni la comparsa dell’anestesia moderna. Nel 1600 in Inghilterra si prova ad iniettare oppio in una vena usando un pennino per scrivere e dando così inizio alla tecnica di iniezione endovenosa. William Harvey nel 1616 scopre la circolazione sanguigna e nel 1628 pubblica i suoi concetti nel libro “De Motu Cordis”. Robert Hook tenta nel 1667 la ventilazione artificiale soffiando aria nei polmoni degli animali usando un rudimentale mantice. La seconda metà del diciassettesimo secolo vede proliferare in maniera incredibile gli studi sui gas. Evangelista Torricelli misura la pressione barometrica a livello del mare ed inventa il barometro, Pascal dimostra che questa varia in funzione dell’altitudine e Boyle enuncia la sua legge sulla comprimibilità dei gas. Nel 1774 Joseph Priestly descrive e prepara l’ossigeno, ed è grazie agli studi del francese Antoine Laurent Lavoisier che si capisce la fondamentale importanza per il nostro organismo di questo gas. Si deve a Sir Humpry Davy, un chimico inglese, la sintesi del protossido di azoto e la descrizione delle sue proprietà, sia come “gas esilarante“, sia come gas in grado, se respirato, di rimuovere il dolore. Egli codifica le procedure della sua preparazione e lo somministra con successo ad alcuni suoi amici per togliere il dolore causato dal mal di denti. Nel 1792 Curry pratica per la prima volta la intubazione tracheale nell’uomo usando il solo tatto. E’ il 19° secolo che segna una svolta nell’anestesia, infatti la chimica, la biologia, l’anatomia e la fisiologia sono ormai in grado di fornire indicazioni importanti, ed i medici ed i chirurghi della nuova generazione sono sempre più sensibili alle sofferenze subite dai malati durante la chirurgia, tanto che le cronache riportano di alcuni chirurghi che non riuscivano a dormire la notte prima dell’intervento pensando ai tremendi dolori che avrebbero inflitto ai loro pazienti, e sempre nelle cronache del tempo si trova la storia di un chirurgo francese certo Velpeau che dovendosi operare per curare la sua malattia, preferì suicidarsi. Sebbene all’inizio del 1800 la soluzione per risolvere il dolore chirurgico fosse quasi a portata di mano, bisogna attendere fino alla metà del secolo per vederla realizzata e le operazioni chirurgiche erano ancora effettuate solo per i casi nei quali era certa la morte: dal 1821 al 1846 presso il Massachussets General Hospital di Boston furono eseguiti soltanto 333 interventi chirurgici, poco più di uno al mese. La chirurgia continuava ad essere una ultima disperata risorsa. In una di queste operazioni, fatta dal chirurgo capo John Collins Warren, la punta della lingua di un giovane paziente colpita da tumore, fu asportata con un improvviso e rapido colpo di coltello, ed un ferro rovente fu applicato sulla ferita per fermare l’emorragia. Diventato quasi pazzo per il dolore, il giovane fuggì dai legacci che lo immobilizzavano e fu inseguito fino a quando l’emorragia fu arrestata con il labbro inferiore totalmente bruciato. Gli strumenti usati per la chirurgia erano pochi e rudi. Le caratteristiche di un grande chirurgo non erano pazienza e delicatezza ma velocità e forza, il record per una amputazione di coscia alla fine del 1700 era di un chirurgo inglese che la effettuò in 35 secondi e nelle fretta rimosse anche il testicolo destro del paziente. Le reazioni dei chirurghi al termine dell’intervento erano le più disparate, chi emergeva dalla operazione pallido e tremante e chi abbastanza insensibile urlava “silenzio” ai pazienti durante la loro agonia. Durante i secoli numerose tecniche erano state usate per cercare di alleviare il dolore chirurgico compresa l’ipnosi; un metodo diretto e crudo era quello di rendere il malato insensibile colpendolo con un pugno alla mandibola. Fino al 1846 oppio ed alcool erano in pratica i soli agenti usati per diminuire le sofferenze dei pazienti, ma sfortunatamente grandi dosi di alcool necessarie a produrre insensibilità causavano nausea, vomito e spesso morte anziché il sonno, e lo stesso oppio aveva importanti effetti collaterali e non era abbastanza potente per coprire completamente gli stimoli chirurgici. Già agli inizi del 1800 quasi tutti i chimici potevano fornire protossido di azoto ed etere solforico ai medici, ed i loro effetti sul tono umorale delle persone erano ben conosciuti. Il protossido veniva usato in vere e proprie dimostrazioni pubbliche di divertimento provocando delle incontenibili risate in chi lo inalava, e gli studenti universitari organizzavano delle “feste all’etere” dove chiunque poteva provarne gli effetti respirando i suoi vapori. A questi “party” assistevano decine di persone, e la cosa più strana era che dopo l’effetto euforico seguiva un sonno profondo, ed è proprio assistendo a queste dimostrazioni che almeno tre medici americani separatamente introdussero l’uso del protossido di azoto e dell’etere solforico intorno al 1840. Il dott. Crawford Williamson Long fu il primo ad usare l’etere nel 1842. Egli operò il sig. Venable per due cisti al collo, costui era terrorizzato dall’idea di vedere un coltello sulla sua pelle, ma essendo uno “sniffatore di etere” durante le dimostrazioni, sotto consiglio del dottore stesso aspirò i vapori prima dell’intervento chirurgico, quando si risvegliò il medico gli mostrò le due cisti asportate, il prezzo anestesia compresa fu di $ 2. Il dott. Long estese l’uso dell’etere anche alla ostetricia, ma purtroppo per lui diffuse i suoi lavori solamente nel 1849. Nel 1878 morì all’età di 63 anni per emorragia cerebrale mentre assisteva una partoriente, egli cadde sul pavimento e i familiari della donna corsero in suo aiuto ma lui rifiutò, le sue ultime parole furono “la salute della madre e del bambino prima di tutto”. Il secondo americano a scoprire l’anestesia inalatoria fu Horace Wells. Anch’egli sviluppò la sua idea assistendo ad una pubblica dimostrazione di protossido di azoto, notando che un uomo dopo aver inalato il gas ed essere caduto da una discreta altezza non lamentava nessun dolore. Wells era un dentista e nel 1844 sperimentò su se stesso l’efficacia del protossido di azoto asportandosi due denti e non provando nessun fastidio. Decise allora di dare una dimostrazione presso il Massachussets General Hospital di Boston, ma il paziente al quale tolse un dente dopo avergli somministrato il gas urlò per tutto l’intervento, secondo alcuni perché il medico aveva usato una dose insufficiente, e secondo altri perché il malato era stato pagato da medici rivali di Wells. Costui si ritirò sconfitto ed umiliato. Un amico ed apprendista di Wells, William Thomas Green Morton, sebbene non fu il primo scopritore del protossido e dell’etere, è il più conosciuto tra questi. Ciò è largamente dovuto al modo in cui annunciò i suoi lavori e portò avanti le sue dimostrazioni. Egli fu il primo ad usare nel settembre del 1846 etere per estrarre un dente, ed il 16 ottobre 1846 si presentò al Massachussets General Hospital di Boston con una sfera di vetro munita di una via di ingresso e di una di uscita con dentro una spugna imbevuta di etere. Sotto la supervisione del chirurgo in carica dott. John Collins Warren ed alla presenza di numerosi colleghi, fece respirare al sig. Gilbert Abbott i vapori provenienti dalla sfera. Il dott. Warren asportò al paziente un grosso tumore del collo rapidamente e senza nessun dolore, poi si girò verso la platea e con gli occhi in lacrime disse: “signori non c’è nessun imbroglio”. Era nata l’anestesia moderna. Questa sensazionale scoperta fu ufficialmente annunciata il 18 novembre 1846 sul Boston Medical and Surgical Journal, ed il noto medico e poeta Oliver Wendell Holmes suggerì il termine “anestesia” riprendendolo dai testi greci, per significare insensibilità al piacere ed al dolore. Intanto il dott. Wells, sentitosi tradito da Morton, cominciò tra il 1847 ed il 1848 a pubblicare articoli per reclamare la validità della sua prima intuizione ed iniziò a sperimentare il cloroformio (sintetizzato nel 1831 dallo statunitense Samuel Guthrie e dal francese Eugene Souberrain) diventandone dipendente. Il 23 gennaio 1848 dopo essere stato arrestato per avere gettato dell’acido addosso a due prostitute di Broadway si suicidò tagliandosi le vene delle gambe e tenendo un fazzoletto impregnato di cloroformio in bocca. Morton dopo aver avuto i riconoscimenti della comunità medica e conscio delle possibilità commerciali dell’etere solforico, si rifiutò di rivelare la composizione della miscela e la chiamò “letheon” brevettandola con questo nome. Ma diventò ben presto chiaro che il “letheon” altro non era che etere solforico e nonostante il brevetto non gli fu riconosciuto nessun compenso, inoltre fu accusato dalla opinione pubblica di aver spinto il suo amico Wells al suicidio, egli fu ben presto dimenticato e finì di vivere a Boston drogandosi con l’etere. A questi tre uomini tutti noi dobbiamo moltissimo ed è anche grazie alle loro intuizioni se oggi solamente negli Stati Uniti di America vengono eseguite 74000 anestesie ogni giorno e circa 25 milioni di persone subiscono, ogni anno, un intervento chirurgico senza dolore.

fonte: Giovani Medici

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